Dalla finanziarizzazione dell’economia alla finanziarizzazione dello stato sociale.
Con l’ultima crisi capitalistica del 2008 sembrava avviata la necessità, immediatamente smentita, di una più attenta riflessione sulla finanziarizzazione dell’economia, dove il settore finanziario acquisisce maggior peso e capacità decisionale rispetto all’economia reale determinando, come appunto nella crisi del 2008, una crescita delle disuguaglianze, una generale instabilità economica e paradossalmente il ribaltamento del liberalismo economico con l’inevitabile intervento dello Stato a copertura del debito, fallimento di banche, assicurazioni e istituti finanziari.
Una situazione analoga si era determinata, alla fine della Seconda guerra mondiale, nell’ambito del sistema previdenziale a capitalizzazione, con il crollo del capitale accantonato e del valore delle pensioni a seguito della pesantissima svalutazione della moneta. Una crisi che costrinse anche il quel caso ad un intervento dello Stato, lasciato fuori fino a quel momento, per assicurare le prestazioni previdenziali altrimenti insufficienti a garantire un ancorché minimo livello di vita. In quel frangente la lezione fu imparata, determinando una modifica del sistema pensionistico con il passaggio dal metodo a capitalizzazione a quello a ripartizione, e l’introduzione del minimo pensionistico, la cosiddetta “pensione sociale”, almeno fino ai primi anni ’90.
Le riforme previdenziali in senso liberistico che hanno preso il via dal ’92 fino ai nostri giorni hanno di nuovo determinato un cambio di paradigma, sostenendo l’insostenibilità del sistema a ripartizione ed il ritorno a quello a capitalizzazione, dove ciascuno riceve una pensione in base alla contribuzione versata, senza più neanche il paracadute dell’integrazione al valore della pensione minima.
Il fondamento di tale nuovo ribaltamento, e la risposta alle disastrose conseguenze sugli importi pensionistici che ne sarebbero scaturite, vista l’incapacità contributiva delle retribuzioni, si doveva ricercare in nuovi strumenti finanziari integrativi, fondi pensione, fondi sanitari, fondi immobiliari e assicurativi, ovvero la finanziarizzazione dello stato sociale da attivare e incentivare all’adesione con lo strumento del silenzio
assenso.
Su questo, come riporta il Sole 24 Ore di domenica 27 luglio, sta riflettendo il Governo Meloni in prospettiva della legge di bilancio, dove l’onere per la stipula degli strumenti finanziari/assicurativi ripartito tra lavoratori ed imprese dovrebbe essere garantito da sgravi fiscali e, nel caso della sanità, “La copertura finanziaria per questi incentivi si potrebbe determinare con il minore ricorso per questo tipo di bisogni alla santà pubblica (..) La collaborazione pubblico-privata con il settore assicurativo può aiutare a ridurre la necessità per lo Stato di intervenire”. Un nuovo impulso, quindi, alla finanziarizzazione dello stato sociale, naturalmente in attesa di una nuova inevitabile crisi finanziaria, a causa dell’economia di guerra e dal normale ciclo di accumulazione del capitale.
Domenica 27 luglio 2025
USB Pensionati FdS