La debacle dei Fondi Pensione

Roma -

I dati pubblicati da alcuni organi di informazione, ed in particolare da Plus 24 il Sole 24 Ore del 28 gennaio 2023, sui rendimenti dei Fondi Pensione nel nostro paese sono a dir poco devastanti.

I fondi pensione, la cosiddetta previdenza complementare, hanno fatto registrare nel 2022 una performance negativa media del -11,7%, non riuscendo ad offrire neanche i rendimenti del comparto garantiti, a fronte di un risultato positivo del TFR pari al +8,28% lasciato in azienda.

Il TFR diventa inoltre competitivo anche su orizzonti temporali più lunghi. Affermazione che per i sostenitori dei Fondi Pensione rappresenta una smentita clamorosa di quello che è sempre stato il viatico per l’adesione a questi strumenti.

Nella stessa pagina si evidenzia poi, cosa per altro ormai acclarata da tempo, che dei 200 miliardi di patrimonio della previdenza integrativa solo 4 sono investiti nel territorio nazionale e dall’incontro tra il presidente Riccardo Realfonzo del Fondo Cometa, il più grande d’Italia, ed il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon emerge la proposta di un meccanismo straordinario che consenta ai Fondi Pensione di investire più risorse in Italia a patto di ricevere una garanzia di rendimenti, se questi fossero più bassi di quelli garantiti dal TFR, attraverso un intervento dello Stato.

Al di là dell’annosa disputa tra Fondi Pensione e TFR, quello che emerge neanche tanto in controluce, in modo decisamente preoccupante, è la debacle della cosiddetta seconda gamba del sistema pensionistico, fortemente voluta da CGIL, CISL, UIL che siedono nei consigli di amministrazione dei vari Fondi negoziali di categoria inseriti con forza nei rinnovi contrattuali.

Un risultato negativo che non rappresenta una novità e che, sempre nello stesso giornale, viene definito il “cigno nero” utilizzando la metafora consueta tra gli economisti per indicare un evento che innesca effetti negativi duraturi ed imprevedibili.

Più facilmente, il pericoloso andamento dei fondi pensione rispetto ad eventi non prevedibili espone il sistema pensionistico e previdenziale ad un altrettanto rischio sistemico pesantemente negativo per l’intera collettività, capace di creare profonde fratture nell’intero sistema posto a garanzia della vecchiaia dal dettato costituzionale.

Se a tale situazione si associa poi una condizione assolutamente negativa del lavoro, stretto fra precarietà, sfruttamento, bassi salari, incapacità contributiva, in un sistema fondato sul calcolo contributivo, la miscela rischia veramente di esplodere per le nuove generazioni.

Per tali ragioni, da sempre contrari ai Fondi Pensione, e del sistema di tipo assicurativo che ne costituisce il presupposto, forma di privatizzazione di una funzione propria dello Stato, riteniamo che il confronto che l’attuale Governo dice di voler aprire sul tema della revisione del sistema previdenziale e pensionistico del nostro Paese non possa esaurirsi nella modifica di alcuni parametri, ma debba costituire l’occasione per un ripensamento strutturale ed un superamento dell’intero sistema disegnato dalle riforme Amato, Dini, Maroni, Fornero a partire dalla cancellazione di ogni riferimento ai Fondi Pensione nei contratti collettivo nazionali di lavoro.

 

USB Pensionati FdS

Roma 1° febbraio 2023