La riforma Fornero resiste: passa la manutenzione delle deroghe

Roma -

Ape sociale, Ape volontaria, Opzione donna, Contratti di espansione, Isopensione, Prepensionamenti, Quota cento, rappresentano meglio di qualsiasi altro discorso il fallimento delle riforme previdenziali varate in questi ultimi anni.

 

Si tratta di interventi che via via si sono sovrapposti l’uno sull’altro, senza alcuna abrogazione, come deroga alle disposizioni generali del sistema pensionistico, realizzando una babele di norme la cui finalità non è la disciplina del diritto alla pensione, ma il sostegno alle imprese, grandi e piccole che siano, penalizzando i lavoratori che fanno ricorso a tali strumenti con assegni decurtati pesantemente in varia misura.

 

Grazie a questi dispositivi le imprese sono riuscite e riescono a scaricare sul sistema previdenziale il costo delle ristrutturazioni, delle riorganizzazioni, delle cosiddette “sostituzioni generazionali” e professionali, e non ultimo il costo della sostituzione uomo-macchina, fenomeno che se non affrontato subito rischia di esplodere fra non molto, vista la velocità impressa dallo sviluppo tecnologico, in termini di occupazione e sostenibilità dello stato sociale.

 

Se qualcuno pensava che i tavoli di confronto aperti dal Governo con le organizzazioni sindacali dovessero intervenire sulla riforma del sistema pensionistico, e in particolare aprire una prospettiva per il superamento strutturale dei vincoli imposti dalla riforma Monti, Fornero ed il gradone con “Quota cento” deve prendere atto che così non è.

 

La discussione, che ha visto la presenza della ministra Catalfo solo al tavolo con Cgil, Cisl, Uil, ha infatti deviato verso una semplice manutenzione di tutti i cosiddetti istituti di flessibilità (leggi “deroghe”) citati sopra, con un allargamento delle platee, riducendo il limite del numero di dipendenti da 1000 a 500 per i contratti di espansione e la conferma dello “scivolo” di sette anni previsti per l’isopensione, con una valutazione dei periodi di Naspi al fine di ridurre i costi alle imprese, uniche vincitrici in questo confronto, con buona pace del presidente di Confindustria Bonomi  e del suo sussidistan.

 

Un argomento a se stante sono stati ancora una volta i cosiddetti esodati, per i quali sembra che nessuno sia in grado di quantificare in modo credibile la platea degli interessati, che varia fra 4500 e 6000.

 

Dopo otto salvaguardie, necessarie a rimediare ai disastri della riforma Fornero, il problema non ha ancora trovato la soluzione definitiva, e in tal senso la USB Pensionati ha ribadito la sua richiesta di incontro dei comitati degli esodati con la ministra Catalfo, già formalmente inviata e sollecitata da tempo, rispetto alla quale c’è stato un impegno della delegazione ministeriale presente al tavolo a concordare una data.

 

Di fatto, gli unici elementi di novità strutturale sono: la sterilizzazione degli effetti di un PIL negativo sul calcolo delle pensioni future, con il mantenimento del coefficiente di capitalizzazione del montante utile al calcolo dell’importo pensionistico per le pensioni determinate con il metodo contributivo; l’equiparazione tra gli iscritti alle casse INPDAP e gli iscritti alla cassa INPS con il riconoscimento della contribuzione figurativa per il part-time verticale agli iscritti INPS.

 

Argomento, quest’ultimo, su cui la USB Pensionati ha chiesto con forza già da alcuni anni un intervento risolutivo, che ora sembra essere finalmente giunto alla discussione finale tra ministra del Lavoro e ministro dell’Economia.

 

Un risultato che avrebbe costituito, insieme con il blocco definitivo dei coefficienti di trasformazione e dell’aspettativa di vita chiesti da USB, l’intervento strutturale minimo, che ci si sarebbe potuto aspettare e che avrebbe dato un senso alla discussione sulla riforma pensionistica aperta al tavolo di confronto con il Governo.

 

A dire il vero c’è un altro intervento strutturale che si è affacciato prepotentemente, richiesto a gran voce, di cui si sono occupati ventre a terra Cgil, Cisl, Uil negli incontri solitari con la ministra.

 

Passati ormai venti anni, ancora una volta, dopo lo scippo del TFR dei dipendenti privati a favore della previdenza complementare, le tre confederazioni, i cui rappresentanti siedono nei consigli di amministrazione dei Fondi, hanno chiesto il ritorno al silenzio assenso come adesione ai Fondi Pensione Negoziali questa volta dei dipendenti pubblici.

 

Preso atto del fallimento dei Fondi Sirio e Preseo, che non hanno raggiunto il numero di adesioni necessario, anche se imposti nei rinnovi dei contratti, Cgil, Cisl, Uil intendono ora chiudere il cerchio e ricorrere con un atto di assoluta protervia all’iscrizione d’ufficio dei dipendenti pubblici al rispettivo Fondo pensionistico.

 

Il lavoratore potrà sottrarsi solo con una esplicita manifestazione di volontà contraria all’adesione d’ufficio che, se non espressa nei tempi che verranno stabiliti, configurerà il silenzio come assenso ed accettazione al trasferimento del TFR maturando verso i Fondi Pensione negoziali di categoria.

 

Tutto questo mentre il presidente della COVIP Padula chiarisce, nell’ultimo report annuale dell’organismo di controllo, che i Fondi Pensione e le Casse privatizzate stanno impegnando oltre 121 miliardi di euro di risparmio previdenziale oltre i confini nazionali.

 

Quindi, si raccoglie il risparmio previdenziale (TFR o altra contribuzione), proveniente dal mondo del lavoro del nostro Paese e si fanno uscire i capitali dai confini nazionali, per finanziare imprese ed attività estere che fanno concorrenza al nostro sistema produttivo. Tutto questo mentre l’attenzione dell’opinione pubblica è distolta da un’assurda discussione sull’utilizzo delle cosiddette risorse europee a partire dal MES che, con o senza condizionalità sul prestito, risulta di gran lunga inferiore alle risorse uscite fuori dai confini nazionali grazie ai Fondi Pensione.

 

Su tale argomento abbiamo chiesto una risposta, almeno un balbettio, al tavolo del confronto con il Governo.

 

Il silenzio calato di botto sull’incontro è stato tuttavia molto più esplicito, probabilmente anche in questo caso è prevalso il silenzio assenso.

 

Unione Sindacale di Base Pensionati