OSSERVAZIONI SU D.L. N,65/2015 CON RICHIESTA DI NON CONVERSIONE IN LEGGE.

Nazionale -

Al Presidente della Repubblica


Al Presidente del Senato


Al Presidente della Camera


Ai capi gruppo parlamentari


Ai membri della commissione lavoro senato


Ai membri della commissione lavoro camera dei deputati


Alle pensionate ed ai pensionati italiani


OGGETTO :

OSSERVAZIONI SU D.L. N,65/2015 CON RICHIESTA DI NON CONVERSIONE IN LEGGE.



L’USB Pensionati esprime le proprie preoccupazioni in merito al D.L. n.65/2015 emanato dal Governo al fine di eludere gli effetti della nota Sentenza n.70/2015 della Corte Costituzionale e che, pertanto, pregiudica i diritti e gli interessi della maggior parte dei pensionati italiani, incrina il rapporto di fiducia dei cittadini nei confronti delle Istituzioni democratiche e rischia di innescare un notevole contenzioso giudiziario.

 

Un consolidato orientamento giurisprudenziale riconosce univocamente che il meccanismo di rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, siccome stabilito dall’art. 34, comma 1, della legge n. 448 del 1998, si prefigge di tutelare i trattamenti pensionistici dalla erosione del potere di acquisto della moneta, che tende a colpire le prestazioni previdenziali anche in assenza di inflazione.


In buona sostanza la Corte Costituzionale ha affermato che la perequazione automatica dei trattamenti pensionistici è uno strumento volto a garantire il rispetto del criterio di adeguatezza del trattamento pensionistico ed il principio di sufficienza della retribuzione, che a fortiori deve essere applicato anche ai trattamenti di quiescenza, intesi quale retribuzione differita.


Per tali motivi il giudice delle leggi ha dichiarato che la sospensione a tempo indeterminato del meccanismo perequativo, o la frequente reiterazione di misure intese a paralizzarlo, entrano in collisione con gli invalicabili principi di ragionevolezza e proporzionalità.



La Corte Costituzionale ha anche precisato che proporzionalità e adeguatezza non devono sussistere soltanto al momento del collocamento a riposo, ma vanno costantemente assicurate anche nel prosieguo, in relazione ai mutamenti del potere d’acquisto della moneta, con la conseguenza che si impone una costante adeguazione del trattamento di quiescenza alle retribuzioni del servizio attivo.


Al Legislatore è affidato il compito di assicurare la perdurante adeguatezza delle pensioni all’incremento del costo della vita secondo criteri di ragionevolezza, che ad avviso della Corte consistono nel rispetto dei principi di perequazione, di ragionevolezza e di proporzionalità.


La Corte ha altresì precisato che “per le modalità con cui opera il meccanismo della perequazione ogni eventuale perdita del potere di acquisto del trattamento, anche se limitata a periodi brevi, è, per sua natura, definitiva. Le successive rivalutazioni saranno, infatti, calcolate non sul valore reale originario, bensì sull’ultimo importo nominale, che dal mancato adeguamento è già stato intaccato”.


Per tali ragioni la Corte Costituzionale, con la nota Sentenza n.70/2015, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 24, comma 25, del D.L. n. 201 del 2011 (che aveva integralmente bloccato la perequazione per le pensioni di importo superiore a euro 1.217,00 netti) ritenendo violati i parametri della ragionevolezza, proporzionalità e adeguatezza del trattamento pensionistico.


Con l’art.1 del D.L. n.65/2015 il Governo italiano ha modificato il comma 25 dell’articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, riconoscendo, per gli anni 2012 e 2013, una rivalutazione dei trattamenti pensionistici: a) nella misura del 100 per cento per quelli di importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo INPS; b) nella misura del 40 per cento per quelli superiori inclusi tra il triplo ed il quadruplo del trattamento minimo INPS; c) nella misura del 20 per cento per quelli inclusi tra il quadruplo ed il quintuplo del trattamento minimo INPS; d) nella misura del 10 per cento per quelli inclusi tra il quintuplo ed il sestuplo del trattamento minimo INPS; e) escludendo qualsiasi rivalutazione per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a sei volte il trattamento minimo INPS.


Peraltro il medesmo D.L. introduce all’art.34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, il comma 2 bis, con lo scopo di ridurre la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici di importo complessivo superiore a tre volte il trattamento minimo INPS, nella misura del 20 per cento per gli anni 2014-2015 e nella misura del 50 per cento a decorrere dal 2016.


L’USB Pubblico impiego ritiene che anche le disposizioni di cui agli artt.1 e 2 del D.L.65/2015 travalichino i limiti di ragionevolezza, adeguatezza e proporzionalità siccome posti dal consolidato orientamento giurisprudenziale e soprattutto senza superare, anche con riferimento alla determinazione del meccanismo perequativo le censure della Corte Costituzionale.


Il Decreto Legge reitera l’apodittico richiamo generico ad esigenze economico finanziarie, senza che emerga dal disegno complessivo la necessaria prevalenza delle lamentate esigenze sui diritti oggetto di bilanciamento e nei cui confronti si effettuano interventi così incisivi, oltretutto senza alcun riscontro tecnico in ordine alle maggiori entrate attese.


Il Decreto Legge non specifica in forza di quale bilanciamento dei valori costituzionali, solo la categoria dei pensionati dovrebbe subire sacrifici, per fronteggiare le presunte esigenze finanziarie pubbliche.


Il Decreto Legge prevede l’azzeramento a tempo indeterminato del meccanismo perequativo nei confronti dei trattamenti pensionistici superiori a sei volte il trattamento minimo INPS, nonostante la Corte Costituzionale abbia più volte specificato che neppure i trattamenti pensionistici elevati possono essere sottratti al meccanismo perequativo a tempo indeterminato.





Le disposizioni di cui al Decreto Legge operano retroattivamente incidendo su questioni controverse e nelle quali lo Stato è parte violando così anche il principio più volte affermato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo secondo cui seppure, in linea di principio, nulla vieta al potere legislativo di regolamentare in materia civile, con nuove disposizioni dalla portata retroattiva, diritti risultanti da leggi in vigore, il principio della preminenza del diritto e il concetto di processo equo sanciti dall’art. 6 della Convenzione ostano, salvo che per imperative ragioni di interesse generale, all’ingerenza del potere legislativo nell’amministrazione della giustizia, al fine di determinare l’esito giudiziario di controversie (cfr. C.Cost. n.78/2012).


Per quanto esposto l'USB Pensionati chiede di non convertire in legge il dl 65/2015 in quanto lesivo di principi fondamentali e fondanti della Carta Costituzionale. La subordinazione di diritti costituzionalmente garantiti alle esigenze di bilancio crea un profondo solco tra istituzioni e pensionati che vedono negate legittime aspettative.


L'USB Pensionati si riserva ulteriori iniziative di mobilitazione e di tutela legale a fronte di una conversione del dl 65/2015 che mantenesse inalterati i contenuti dello stesso così come rappresentati dalla presente.


Distinti saluti.


USB PENSIONATI


(Antonio Deplano)