Saoumaila Sacko, uno di noi, come Abdel Salam
Non è un caso che i nostri morti siano stati uccisi nella logistica, dove la lotta sindacale diventa sabotaggio industriale, e nel bracciantato dove il connubio tra caporalato, mafie e istituzioni assenti rendono il lavoro impossibile. Stiamo parlando di due settori in cui lo sfruttamento ha assunto gli aspetti più brutali dello schiavismo, oscurato all'opinione pubblica dalla questione razziale, alimentata ad arte. La razzializzazione dello sfruttamento capitalistico è uno strumento di divisione utilizzato per frammentare la classe. Il messaggio subliminale che in fondo gli è capitato perché extracomunitari rende giustificata e giustificabile l'inerzia sociale davanti a simili eventi. Hanno ucciso loro per uccidere i diritti e le idee di tutti noi, loro hanno messo i loro corpi a scudo di noi tutti.
C'è un clima sociale avvelenato dalla propaganda xenofoba e autoritaria che consente di comprimere i diritti sociali, la democrazia sindacale e politica, le istanze sociali. Ormai non fa notizia la repressione che i nostri attivisti sindacali subiscono nei posti di lavoro e nelle lotte sociali, con loro ci si è spinti oltre perché sono extracomunitari e quindi possono essere colpiti anche fisicamente.
Dopo la solidarietà umana, lo sgomento e il dolore, dobbiamo capire che solo rafforzando l'organizzazione sindacale si difendono i compagni, la loro vita, oltre le nostre idee e il nostro futuro.
C'è un attacco quotidiano alla nostra storia per cancellare la memoria storica del movimento di classe che in questo paese si è espresso con conquiste sociali che ora sono attaccate pesantemente.
Dobbiamo capire che da questo punto di vista in pensione non si può andare mai, ma bisogna rafforzare l'organizzazione e difenderne esistenza e progetto con adesioni, mobilitazione e vigilanza sociale su quanto ci viene mosso contro.
Non c'è tempo per la rassegnazione, l'atteggiamento omissivo di governo e forze politiche al governo che ha rimosso l'assassinio del nostro compagno sono un segnale politico che non è solo mancanza di sensibilità sociale, ma la chiara condivisione della strada della repressione. Per il Ministro dell'Interno sono tutti clandestini e in quanto tale qualunque loro azione diventa criminogena che necessita di repressione. La scelta che vogliono imporre è quella di come morire, o nel mare, o nel paese di origine per fame e violenza, o nel lavoro senza protezione individuale, oppure per mano armata dall'odio razziale. Dobbiamo rompere questa spirale criminale costruita in funzione del profitto.
Noi non siamo con Abdel Salam o Soumaila Sacko, noi siamo Abdel Salam e Soumaila Sacko.
I pensionati sicuramente conservano la memoria storica delle lotte sociali a cui hanno partecipato, oggi hanno il compito non solo di far rivivere quella memoria, ma di continuare quelle lotte per impedire che i nostri compagni siano morti invano.
Riprendiamo il nostro cammino senza rassegnarci a seppellire i nostri morti ma per impedire che ce ne possano essere altri. Il lavoro ormai uccide per mancanza di sicurezza e prevenzione e anche quei morti sono nostri fratelli. Le lotte sociali devono riappropriarsi dei loro contenuti e dei loro obiettivi e in questo possiamo essere, come pensionati, in prima fila.
USB PENSIONATI